Il Metauro
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I racconti di Marco, i Surdin del fiume

Marco Manoni ricorda le famiglie che vivevano a Lucrezia negli anni '40 e '50. In un immaginario itinerario ci racconta le storie dei vari componenti

marco manoniLUCREZIA – Torno sul lato sinistro di via Pilone. Sono all’incrocio tra via Pilone e via Corvina. Qui si trovava una casetta colonica abitata da un piccolo coltivatore diretto con circa quattro ettari di terreno, una piccola stalla con una mucca da latte e qualche vitello da ingrasso. La famiglia era quella dei Dellasanta soprannominata Surdin.

La famiglia era composta da una anziana vedova di nome Barbara. Il figlio Giuseppe era sposato con Elvira. Avevano tre figlioli: Maurizio, Galdino e Alda.

Ho conosciuto Barbara quando era già avanti negli anni. Una figura dal portamento lento. Parlava molto adagio, esprimeva tanta saggezza. Ricordo che teneva sempre il rosario in mano. Era la prima ad arrivare nella chiesetta del Pilone quando, a maggio, si pregava la Madonna.

Giuseppe suo figliolo era un uomo buono. La domenica andava all’osteria de Pipa a giocare a carte, briscola, tresette. Io ero ancora bambino e lo ascoltavo raccontare del passato, della guerra.

Elvira, moglie di Giuseppe, era una brava mamma ed era appassionata di ballo. Allora, a Carnevale, si ballava oltre che nelle sale pubbliche anche nelle case dei contadini. In tanti partecipavano a questi momenti di festa. Non c’era un biglietto da pagare ma si portavano da casa dolci e vino!

Maurizio, il figlio primogenito, era un giovane alto e grosso, con un sorriso stampato sulle labbra, intelligente, mite e buono di cuore.

Erano gli anni immediatamente successiva al passaggio del fronte. Il lavoro non c’era. La famiglia aveva dei parenti da tempo emigrati in Canada. Maurizio andò in Canada. Ci rimase diversi anni lavorando e facendo sacrifici, poi tornò in Italia. Con i risparmi mise in piedi una piccola impresa edile, costruiva appartamenti e li rivendeva. Si era spostato con la splendida Anna ed aveva due bellissime figliole.

Galdino era il fratello minore. Era un bel giovane, vestiva bene e fu uno tra i primi ad acquistare la Leoncino, una piccola moto della Benelli. Dopo il passaggio del fronte, acquistò un camion Dodge dagli Americani. L’Italia stava cambiando, l’economia si riprendeva e sarebbe arrivato quello che è stato definito “il miracolo economico”. Tra i settori trainanti c’era l’edilizia, appunto, e Galdino consegnava con il suo Dodge ghiaia e sabbia dal fiume ai tanti piccoli costruttori. Si sposò con Amalia e misero al mondo due figlioli Fabrizio e Annarita.

Rimane Alda che ricordo una giovinetta, con capelli neri e carnagione chiara. Era dolce e carina, imparò il mestiere di magliaia. Mamma Elvira nutriva un attaccamento particolare per lei. Allora erano ancora i tempi in cui i giovani avevano poco spazio ed erano molto controllati.

Alda incontrò il suo amore, un giovane vicino di casa che si chiamava Giocondo Ditommaso. Si unirono in matrimonio e misero al mondo un maschietto.

Porto ancora con me nel cuore il bel ricordo di tutta la famiglia Dellasanta soprannominata Surdin!

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