Il Metauro
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I ricordi di Marco. L’ICA e gli anni del riscatto sociale

Continua il racconto a puntate di Marco Manoni sulla Lucrezia del dopoguerra. Le messe alle Cantine Pandolfi e la nascita dell'ICA.

marco manoniLUCREZIA – Sono arrivato a ridosso della piccola stazione ferroviaria. Sulla sua sinistra c’era un grande fabbricato seminterrato, era la cantina del signor Pandolfi.

I miei ricordi vanno a quando era appena passato il fronte di guerra. La nostra chiesa era stata fatta saltare dai soldati tedeschi, così il nostro parroco don Ettore collocò l’altare in mezzo alle enormi botti e ai tini della cantina. Le sue omelie facevano eco tra quelle botti, l’aria sapeva di solfito e c’era l’odore del vino.

La mia mente va a quel Natale del 1944 quando andammo alla messa di mezzanotte. Eravamo in tanti. Fu una grande rimpatriata dopo gli orrori della guerra. Ci si abbracciava pronunciando la parola “pace”, una pace vera, non solo assenza di guerra, ma quella che esalta la libertà, la condivisione, il perdono e la carità.

I primi anni ’60 coincisero in Italia con il boom economico. Nel comune di Cartoceto nacque un progetto imprenditoriale nel settore della carta da una idea del commendatore Dario Berloni. Più tardi l’idea andò in porto.

Vennero costruiti dei capannoni al posto della cantina. I binari della ferrovia entravano direttamente nella fabbrica perché la materia prima arrivava dalle cartiere americane. Si trattava di carta paraffinata, lo stabilimento di Lucrezia doveva separare le due materie con l’uso di vapore e trielina. La nuova industria si chiamava ICA, acronimo di Industria Cartaria e Affini.

Fu davvero un cambiamento epocale che coincideva con la fuga dei contadini dalle campagne, quale occasione migliore per tanti giovani per indossare la tuta blu! Anche io fui uno di quei giovani che entrarono nei grandi capannoni, indossai la tuta blu fornita dalla ditta.

Era un grande momento di riscatto per noi giovani dal punto di vista economico ma anche un grande vantaggio dal punto di vista sociale.

Infatti, anche le ragazze venivano assunte nelle piccole fabbriche e nei laboratori che facevano abbigliamento e raramente accettavano un fidanzato contadino.

L’Italia stava primeggiando nel mondo con il suo Made in Italy. E quella tuta blu portò nella mia famiglia il vantaggio di acquistare una casa di nostra proprietà. Comprai a rate una Fiat 500 e non tardai ad incontrare la mia dolce morosa.

Ci saremmo poi uniti in matrimonio, da quell’unione sono nati tre figlioli e, in un baleno, abbiamo già festeggiato i nostri 50 anni di matrimonio: Marco e Paola.

Ringrazio la cantina di cui ricordo quell’aspro odore dei vini, la mia tuta blu, la cartiera ICA. Tutto ciò ha segnato una bella stagione della mia vita.

Erano gli Anni Sessanta, un tempo pieno di sogni e tanta fantasia. E come scrive Thomas Mann: “Non perdere mai sogni e illusioni perché quando li perderai, anche se continuerai ad esistere, sicuramente avrai smesso di vivere!”.

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