LUCREZIA – Marco Manoni, il nostro racconta storie con la bandana e la gluppa, ricorda le famiglie che abitavano il borgo di Lucrezia a metà dello scorso secolo, quando le case erano principalmente concentrate lungo la via Flaminia.
Siamo al confine con l’ex-comune di Saltara, a ridosso della Flaminia, c’era una casa colonica di proprietà del Cavaliere Domenico Curina, residente nell’ex-comune di Montemaggiore al Metauro. La casa era attorniata da un fondo agricolo coltivato a mezzadria dalla famiglia Antognoli, da tutti conosciuti con il soprannome di Levrin.
Ricordo da bambino quando insieme a babbo andavamo con il biroccio e le mucche sulla strada Flaminia a rifornirci nel consorzio di Calcinelli. Potevamo ammirare la bellezza di quel fondo agricolo con tanti filari di viti che scendevano fino alla ferrovia, la Fano-Urbino. Il tutto attorniato da tanto verde, da sembrare un bel quadro. Ora sono passati tanti anni, pensate il cambiamento epocale, nel frattempo quell’appezzamento di terreno è diventato il nuovo Quartiere Santi, un bell’agglomerato di case, ma gli splendidi colori della natura non ci sono più.
Ricordo la famiglia Antognoli composta da un’anziana madre, vedova da tempo, il suo figliolo di nome Sisto, sposato con Lisa, avevano cinque figlioli: Alceo, Tonino, Argentina, Maria e Fiorella.
Erano ancora i tempi che in campagna vigeva fra i vicini la condivisione nei lavori dei campi. Così anche con mio babbo si scambiavano l’aiuto nella trebbiatura del grano e della vendemmia. Tutto questo contribuiva a creare un bel clima di amicizia. Gli Antognoli erano una bella famiglia in cui aleggiava profumo di gioventù.
Ricordo le tre splendide figliole. Argentina andò sposa al giovane De Santi; Maria si unì in matrimonio con un giovane di Falcineto dal cognome Aguzzi; Fiorella si maritò con il giovane Dante Grandoni. Mentre i due fratelli maschi: Tonino, molto presto, ebbe un incarico di bidello nella scuole, dopo il matrimonio andò ad abitare in un paese di Colli al Metauro.
E Alceo continuò nei lavori dei campi insieme a babbo Sisto e la sua sposa era una dolce giovinetta di via Fiume. Il suo nome è Livia, era molto carina, i due si sposarono ed nacquero due splendide figliole. Di Alceo e Livia ho un ricordo della loro gioventù che è rimasto nella mia mente.
Erano ancora i tempi in cui la giovinezza era una bella stagione, i giovani si incontravano alla luce del sole e il più delle volte diventavano moroso e morosa. Ricordo Alceo e Livia, quando la domenica, con le loro biciclette passavano sulla strada a ridosso di casa nostra, felici e innamorati, un amore che continuò nel tempo per tutta la loro vita.
Mi viene in mente una breve poesia attribuita a Pirandello e la voglio dedicare a loro dice così:
“E l’amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non averne bisogno. Finse di morire per un giorno, e di rifiorire alla sera, senza leggi da rispettare. Si addormentò in un angolo di cuore per un tempo che non esisteva. Fuggì senza partire, rincasò senza tornare, intanto il tempo passa e l’amore rimane”.
Così nella mia mente e nel mio cuore, rimane un bel ricordo della famiglia Antognoli, dal soprannome Levrin.