Il Metauro
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I ricordi di Marco, l’osteria de Clicchia

Continua il racconto di Marco Manoni sulla Lucrezia degli anni '40 e '50. Le osterie erano parte del tessuto sociale di allora poi sostituite dai bar

marco manoniLUCREZIA – Prosegue il racconto di Marco Manoni nella Lucrezia degli anni ’40 e ’50 percorrendo la via Flaminia ed il ricordo delle famiglie che vi abitavano.

Ora siamo arrivati all’osteria gestita dalla famiglia Lucarelli. Lui si chiamava Renato e sua moglie Elena. Il loro soprannome era Clicchia. Renato ed Elena avevano tre figli: Vittorio, Piergiorgio e Roberto.

Erano i tempi in cui l’osteria era l’unico posto di ritrovo dove si giocava a carte e morra e si beveva vino.

Così molto spesso succedeva che qualcuno si ubriacasse ed andava in tilt barcollando e Renato, con una mano sul braccio e l’altra sul fondo dei pantaloni, lo buttava fuori.

A quei tempi le osterie vivevano in simbiosi con i contadini perché la maggioranza di questi coltivavano filari e vigneti e facevano il vino in casa nella propria cantina.

Così l’oste comprava il vino direttamente. Si iniziava a Natale quando il sapore dolce dell’uva si trasformava in alcol pronto da bere.

Anche noi abbiamo venduto diverse volte il vino all’osteria de Clicchia. Ricordo che Renato veniva nella nostra cantina ed assaggiava il vino, era questo l’unico modo per scoprire virtù e difetti di quella bevanda.

Renato era un uomo serioso, stava dietro il bancone dell’osteria ed era attorniato da quartini, mezzi litri e litri di vino. Queste erano le misure per la vendita. L’oste li portava sul tavolo da gioco, veniva consumato lentamente mentre si giocava a briscola, tresette o morra.

Elena era una bella signora, badava alla casa e ai figliuoli e quando c’era bisogno aiutava il marito nell’osteria.

Ho avuto un bel rapporto di amicizia con Vittorio e Piergiorgio anche perché eravamo coetanei ma soprattutto bazzicavamo la parrocchia guidata dal nostro bravo don Ettore ed eravamo iscritti all’Azione Cattolica. Roberto, chiamato Bibo, era più piccolo e non faceva parte della nostra compagnia.

L’osteria, a fine anni settanta, fu soppiantata dai bar, muniti di macchine per il caffè, dolci da colazione e, in un angolo, il televisore.

Così andarono a sparire i giocatori di briscola, tresette e morra, al loro posto c’erano i tifosi sportivi che assistevano alle partite di calcio, gare di biciclette tra cui il Tour de France e il Giro d’Italia, le coppie di sposi frequentavano i bar per fare colazione.

Le osterie erano principalmente frequentate da uomini. Alle donne non era permesso, loro dovevano occuparsi dei figli, degli anziani e del preparare i pasti a casa. Alcuni di questi mariti tornavano a casa “brilli” (ubriachi) maltrattando alcune volte le proprie mogli. A letto generavano figlioli anche quando il consenso del partner non c’era!

Allora quando alla TV si parla di violenza nei confronti di mogli e donne, capiamo che si tratta di un male che viene da lontano e che umilia e rattrista tutte le persone perbene!

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