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Mancini spiega perché “Dipende da Noi” non può allearsi con Mangialardi (PD)

Le parole di Roberto Mancini spiegano la novità di questo movimento politico nel panorama politico marchigiano

roberto mancini cooss marche
Roberto Mancini, candidato presidente alle elezioni regionali del Movimento civico “Dipende da Noi”

ANCONA – “Chiedono con insistenza a “Dipende da Noi” di unirsi al cartello elettorale di Mangialardi per il dovere di fermare la destra” afferma in una nota Roberto Mancini, candidato alla Regione Marche con il movimento “Dipende da Noi”. Pur confermando la collocazione del movimento a sinistra, Mancini spiga perché si tratta di una alleanza impossibile.

“È vero che non è nostra la responsabilità dell’eventuale vittoria della destra alle elezioni, perché la responsabilità è del PD e del centrosinistra che da 15 anni governano male la Regione e hanno cristallizzato un sistema di potere.

Eppure questo, nella percezione comune, non ci esime da una relativa quota di responsabilità, perché la delusione per il centrosinistra deriva non solo per come governa, ma anche perché si presenta sempre diviso internamente e dalla sinistra radicale.

Nel libero e aperto confronto che si è sviluppato per mesi nelle nostre assemblee ci siamo presi la responsabilità “scandalosa” di non obbedire al solito richiamo della foresta dell’unità del centrosinistra.

Ma dobbiamo capire bene e spiegare questo – continua Mancini  – quelli che vogliono superare il sistema di potere non hanno alcun modo onesto di fare “unità” con chi quel sistema lo vuole perpetuare.

Qui l’alternativa è chiara: o si decide che questa unità va presa come un dogma indiscutibile, un imperativo assoluto che innesca l’adesione automatica sempre e comunque, oppure si adotta un approccio laico e lucido esercitando situazione per situazione, il discernimento delle coscienze, il confronto tra le diverse ragioni, l’impegno ad assumere una prospettiva condivisa. Il nostro approccio è stato il secondo e l’assemblea del 25 luglio scorso ad Ancona lo ha confermato.

Che cosa abbiamo costruito fin qui? Abbiamo costruito una presenza originale nel panorama politico regionale, abbiamo maturato un pensiero comune ricco di tante esperienze e sensibilità diverse, abbiamo risvegliato fiducia e partecipazione, crescendo in credibilità.

Abbiamo costruito un programma rispondente ai bisogni della comunità regionale. Insomma, abbiamo costruito un vero movimento politico.

Se provate a seguire dove portano le argomentazioni di chi a tutti i costi vorrebbe che noi ci mettessimo in fila tra i sostenitori del cartello elettorale di Mangialardi, scoprirete che una volta accolte quelle argomentazioni l’esistenza di “Dipende da Noi” non ha più senso. Allora tanto valeva entrare tutti nel PD per provare a cambiarlo “da dentro”.

Bisogna sempre tenere presente la ragione della nascita di “Dipende da Noi”. Siamo nati per promuovere una politica e una democrazia diverse, spezzando il circuito della politica di potere. Siamo in lotta contro un sistema degradato, non semplicemente contro un partito.

Per fermare la destra anticostituzionale che abbiamo in Italia (che invece possa esistere una destra leale verso la Costituzione è un fatto fisiologico nella vita democratica) bisogna sradicarla; per sradicarla bisogna smontare il sistema di potere.

È un sistema malato, di cui la destra è il versante più virulento e aggressivo, mentre questo centrosinistra ne è il versante ipocrita. I due versanti sono in contrasto solo superficialmente, ma di fatto sono solidali tra loro.

Noi lavoriamo non per avere uno spazio dentro questo sistema, ma per avviare il complesso processo del suo superamento. La chiave è tutta nel trasformare, cioè cambiare la forma, la logica, i metodi della politica regionale.

La logica di potere è la vera base profonda della destra, del fascismo e di ogni politica che tradisce la democrazia.

Dunque siamo contro la destra, ma siamo anche alternativi a questo modo di fare politica da parte dell’attuale centrosinistra e del PD.

È interesse della democrazia italiana che il centrosinistra si rigeneri nella linea di una sua visione della trasformazione della società e dell’economia, superando il consenso per l’onnipotenza del mercato.

Il PD in particolare deve capire che non può essere democratico finché sposa il neoliberismo. In Italia avremo uno schieramento democratico e di sinistra – efficace e popolare – quando avremo il contributo di due forze trasformative, disposte a integrare due sensibilità diverse e a costruire una vera coalizione.

Ipotizziamo, per pura fantasia, l’eventualità più favorevole in un’eventuale intesa con il cartello di Mangialardi: un accordo dove il PD converge su un vero programma di svolta per le Marche e s’impegna a riconoscere ruoli importanti a nostri rappresentanti nel futuro governo regionale.

Se si pensa con calma alle condizioni concrete nelle quali ciò potrebbe avvenire, si vede che sarebbe la classica “polpetta avvelenata”.

Infatti – continua Mancini – questo partito non ha minimamente preso coscienza del fatto che il suo modo di governare è stato fallimentare, anzi lo rivendica con arroganza. Non ha apertamente formulato un altro progetto. Non ha un candidato che abbia l’autorità, la consapevolezza e la forza necessarie a imprimere una svolta.

Inoltre il PD non è fatto solo dal programma e dal candidato presidente: è anche e soprattutto una mentalità, una dirigenza, un personale politico, un metodo. Anche se avessimo concessioni dall’attuale centrosinistra, resterebbero uguali mentalità, metodo, dirigenza e tipo di personaggi (è eloquente che tra i candidati del loro cartello elettorale figuri lo stesso consigliere regionale che voleva modificare la legge elettorale).

La convergenza sul programma sarebbe solo di facciata e potrebbe essere annullata poi con grande disinvoltura dopo il voto. Noi saremmo una piccola minoranza stretta dentro una compagine in cui a ogni contrasto tornerebbe il ricatto infinito per cui dobbiamo piegarci per non riconsegnare le Marche alla destra.

Guadagneremmo consensi da qualcuno che, pur stimandoci, vuole l’unità del centrosinistra, ma deluderemmo tutti quelli che aspirano a un metodo e a una politica diversa.

Perderemmo credibilità e forza trasformativa. Non pochi direbbero: “quelli di ‘Dipende da Noi’ raccontavano balle, si sono fatti comprare per un posto in Regione: sono tutti uguali”.

Il vero agire anche “da dentro” comporta di eleggere nostri rappresentanti che comincino a costruire il percorso grazie a cui essi e nuclei della società civile camminano insieme.

Ricordo il recente episodio della cena di Marina Palmense organizzata dalle Sardine marchigiane a cui hanno partecipato i candidati Mangialardi e Mancini. Discorso del leader nazionale Mattia Santori: la sala è piena di fans di Mangialardi che si aspettano da lui l’appello all’unità e il richiamo a “Dipende da Noi” per la sua posizione di scandalosa autonomia.

Inaspettatamente Mattia Santori dice tutt’altro. Dice che è legittimo che nel centrosinistra marchigiano ci siano due tendenze diverse e giunge a dire che il conflitto nel centrosinistra stesso è salutare e generativo. È l’ulteriore conferma del fatto che oggi non ci sono le condizioni per una vera coalizione che sia trasformativa e non trasformista.

Allora – conclude Mancini – è tempo di uscire definitivamente dallo psicodramma della cosiddetta “unità”, che sarebbe finta e controproducente, canalizzando piuttosto le energie per far conoscere il nostro progetto e coinvolgere più persone possibile.

La riuscita elettorale dipende veramente da noi e non solo da difficoltà esterne. Facciamolo con fiducia perché la strada che vogliamo aprire almeno dal lato della società civile è già inaugurata e lungo questa strada tante persone hanno cominciato a camminare con noi”.

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