Settore benessere, un operatore su tre è abusivo
Confartigianto Ancona-Pesaro Urbino ha fatto il punto dopo il Cosmoprof di Bologna. Alcune proposte che potrebbero arginare la piaga del lavoro nero
ANCONA – Dopo la partecipazione al Cosmoprof 2023 di Bologna con una delegazione di 50 imprenditori del settore, si è tenuto il direttivo del comparto Benessere di Confartigianato Imprese Ancona – Pesaro Urbino.
Ad intervenire in apertura il presidente di categoria di Confartigianato Ancona-Pesaro e Urbino, Giancarlo Fati Pozzodivalle che ha sottolineato come, nonostante le difficoltà del mercato, il settore sia in salute per il 37,1% degli oltre 1000 centri e saloni analizzati nel report di Cosmetica Italia.
Il documento evidenzia anche come il 53% degli imprenditori abbia introdotto nuovi servizi e prestazioni e come il 42% abbia aumentato i prezzi per sostenere la ripresa e combattere i rincari energetici e dei costi genarli.
Oltre all’analisi dei dati che attestano una maggiore attenzione da parte delle imprese all’e-commerce e ai servizi digitali in genere, il direttivo delle 20 aziende di Confartigianato Benessere ha affrontato l’aspetto relativo alle difficoltà di reperimento della manodopera e all’atavico problema dell’abusivismo.
La priorità, è stato detto, è quella di mettere mano alle normative che determinano l’accesso ad una professione che è mutata ed evoluta, super-specializzandosi, e non riconoscendosi in leggi risalenti al 2005 o addirittura, al 1990.
Altro aspetto importante per la lotta all’abusivismo è quello della possibilità di poter o meno portare in detrazione le prestazioni dei servizi alla persona come avviene per quelle medico/sanitarie, sostiene Luca Casagrande, responsabile della categoria Benessere di Confartigianato Imprese Ancona-Pesaro e Urbino, che sottolinea come la partita dell’accesso alle professioni parta dal contesto Regionale al quale sarà chiesto un confronto sul tema.
Esistono percorsi formativi regionali come quello dell’onicotecnica che non possono sfociare in figure professionali per mancanza di riferimenti normativi.
“Dobbiamo insistere, come fatto per il tatuaggio e piercing, perché chi ha un percorso professionalizzante definito in maniera chiara con ASUR e associazioni di Categoria, possa aprire una sua regolare attività usufruendo delle agevolazioni fiscali dettate dai regimi forfettari. In questo modo tanti potrebbero lavorare alla luce del sole e non operare in casa in barba a tutte le norme igienico sanitarie”, conclude Casagrande.
È una battaglia, che permetterebbe di intervenire su un problema che danneggia le 1.200 partite Iva regolari. Sono stimati in circa 400 coloro che lavorano ‘in nero’, con un rapporto abusivo/regolare di 1 a 3, non accettabile in termini di evasione fiscale, ma anche di sicurezza dei cittadini e di tutela per chi lavora in modo regolare.