FANO – Non c’è tempo per tergiversare. Il sistema economico e le famiglie ha bisogno di liquidità e sostegno. Lo Stato ha messo a disposizione le garanzie necessarie ma le Banche devono dimostrare di essere accanto alle loro comunità.
E’ l’appello che lancia la Diocesi di Fano con le parole di Gabriele Darpetti, delegato regione per i problemi sociali della Conferenza Episcopale Marchigiana e direttore dell’ufficio pastorale per problemi sociali della diocesi.
PER USCIRE DA QUESTA SITUAZIONE C’E’ BISOGNO DEL CONTRIBUTO DI TUTTI
Dopo il periodo di restrizioni agli spostamenti ed alle relazioni sociali dovuta all’epidemia da coronavirus, dovremo a breve affrontare la ripresa delle attività e dovremo fare i conti con gravi problemi sociali ed economici.
Per fortuna, in questo periodo abbiamo tutti compreso la nostra interdipendenza e l’importanza delle istituzioni pubbliche, ma anche di quelle che il nostro sistema di convivenza civile ha nel tempo creato: le scuole e tutte le altre agenzie educative, gli enti sanitari e le associazioni del terzo settore, i mezzi di comunicazione, gli enti di ricerca, gli enti e le associazioni che si occupano di arti e spettacoli, ecc., e anche delle istituzioni economiche e finanziarie, tra cui le banche. E’ importante che tutti facciano la loro parte.
IL CREDITO E’ UN BENE COMUNE PERCHE’ ESSENZIALE PER LE FAMIGLIE E LE IMPRESE
Il credito alle imprese è necessario così come l’acqua è necessaria alla vita delle persone. Senza acqua le persone muoiono, e così senza credito le imprese chiudono.
Senza credito le imprese non possono svolgere le funzioni essenziali di acquisto delle materie prime né possono pagare le persone che vi lavorano.
Un testo della Chiesa del 2018 “oeconomicae et pecuniarie quaestiones“, sottolineava l’importanza ed il compito della finanza indicando “l’insostituibile funzione sociale del credito” ma contemporaneamente ammoniva a coniugare sempre la finanza con un’etica amica dell’uomo,altrimenti essa avrebbe potuto causare “danni enormi a prescindere dalle intenzioni di coloro che in essa operano”.
IL COMPITO DELLE BANCHE
In questo strano periodo dove tante attività economiche hanno subito danni rilevanti, penso che le banche siano tra quelle che hanno “perso” meno, sia perché hanno continuato il loro lavoro, seppure con determinate restrizioni, sia perché le rendite dei loro investimenti e prestiti non sono calate, o non in modo consistente.
I provvedimenti governativi, peraltro, prevedono di dare coperture di garanzie, per i prestiti che dovranno erogare, fino al 100%, quindi con un rischio apparentemente bassissimo.
Per cui ora per le banche è arrivato il momento di dare il loro contributo interpretando il loro compito in modo diverso, contrastando le incertezze e il disorientamento attuali con semplificazioni e certezze.
La certezza dei tempi brevi e la semplicità delle procedure, sburocratizzando il più possibile ogni passaggio. In tempi eccezionali occorrono menti aperte e disponibili da parte di ognuno dei loro dipendenti.
Sono tre i soggetti su cui concentrarsi (magari anche con linee di credito dedicate): le piccole imprese artigiane, del commercio e del terziario; le famiglie e le giovani coppie in particolare; le associazioni del terzo settore che si occupano di welfare.
Le piccole imprese artigiane e commerciali perché per loro avere credito sarà una questione di sopravvivenza.
Le famiglie perché sono l’ammortizzatore sociale per eccellenza in quanto si fanno carico di servizi a vantaggio dell’intera società, e le giovani coppie perché sarà fondamentale per ripartire, incoraggiare la creazione di nuovi nuclei familiari.
Le associazioni e gli enti del terzo settore perché saranno necessarie per ricreare i legami sociali dispersi in questo tempo e mantenere un welfare adeguato per tutte le fragilità vecchie e nuove.
Questo è il tempo per le banche che hanno a cuore le comunità, di dimostrare di essere al loro fianco, di sostenere l’economia reale di un territorio e di voler contribuire a mantenere un buon livello di coesione sociale e ambientale.
E’ il momento cioè di essere al servizio di una comunità, e non di servirsene”.