FANO – NIMG. Tranquilli: non si tratta di un nuovo virus letale e nemmeno di una rivoluzionaria arma di distruzione di massa. E’ semplicemente l’acronimo di ‘Not in my garden’, il motto di chi si oppone a tutto e a tutti in nome della più ottusa salvaguardia del proprio orticello.
L’inno di quanti, minoranza di fatto, pretendono di anteporre il ‘particulare’ di questa o quella fazione all’interesse generale.
E’ successo in passato su scala nazionale, allorquando il sacro terrore del nucleare (unito alla propaganda astuta e preconcetta degli ambientalisti d’accatto) si tradusse nel bando delle centrali, additate come il male del secolo, salvo poi vedersele spuntare a iosa appena al di là delle Alpi.
Si è ripetuto su base locale a proposito dell’ostinato e sospetto veto allo sviluppo dell’aeroporto e, più di recente, pure in relazione al famigerato digestore che, di fronte al tira e molla dei fanesi, è finito o finirà appannaggio dei più furbi e determinati.
Ora la manfrina si reitera in rapporto al progetto della nuova strada di collegamento tra Fano e il capoluogo. Studio che a ben guardare tanto innovativo non è, costituendo in sostanza la realizzazione dell’auspicato tratto settentrionale dell’Interquartieri.
Segmento che, non dimentichiamolo, avrebbe dovuto nascere insieme ad essa e quindi abortito in seguito alla infausta decisione di far morire tutto alla Trave. Non appena si è ventilata l’ipotesi, per una rapida delibera imposta dal rispetto di precise scadenze pena il venir meno del previsto finanziamento regionale, si è scatenata la sollevazione popolare.
O, meglio, è partita la rivolta dell’immancabile comitato di turno. Quello dei residenti di Gimarra, in questo caso, spalleggiati dagli irriducibili difensori del paesaggio per partito preso (gli stessi che magari a casa hanno tre auto con cui vanno anche al bar) e, udite udite, legittimati dall’alzata di scudi di un manipolo di rispettabili (e invero un po’ masochisti) ex sindaci e assessori.
Ora, che la strada in cantiere non risolva il problema dell’imbuto rappresentato dalla Statale Adriatica è innegabile. Altrettanto pacifico però che grazie ad essa un povero cristo che debba andare da sud a nord o viceversa potrà finalmente evitare di dover attraversare l’intera città, risparmiandole una sensibile mole di traffico e una cospicua carica di inquinamento.
Se davvero si voleva la soluzione ultima e definitiva al rompicapo si sarebbe dovuto imporre a Società Autostrade di costruire una vera circonvallazione che dal Metauro sbucasse a Fosse Sejore, invece di consentirle di tappezzare il territorio di monconi di asfalto che non portano a nulla.
La verità è che si è optato giustamente per il male minore che andasse a tutela del primario bene collettivo. Dopotutto, piuttosto che niente è sempre meglio piuttosto… La morale della storia? Di paladini del nulla tra di noi ve ne sono fin troppi. E i risultati si vedono. Le conseguenze dell’inerzia si pagano.