Il Metauro
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Don Gabriele Belacchi, come onorarne la memoria?

La proposta di intitolargli un'area verde vicino alla chiesa che lui ha costruito

don gabriele belacchi
don Gabriele Belacchi

FANO – E tu di dove sei? Ad una tale domanda qualcuno degli interessati risponderà di essere di San Lazzaro. Altri diranno di provenire da Hollywood, come è da sempre ribattezzata la zona. Taluni replicheranno infine di arrivare dalla Gran Madre di Dio.

Sia come sia,  tutti converranno comunque e indistintamente di appartenere alla parrocchia di Don Gabriele Belacchi. Pochi a Fano hanno in effetti connotato di sé e della propria azione un luogo come ha saputo fare il parroco scomparso all’alba del nuovo anno.

Dove non c’era nulla se non aperta campagna ha dapprima costruito una chiesa e attorno ad essa ha quindi raccolto un popolo, di fedeli e non, guidandolo con l’esempio, la parola e atti concreti. In oltre mezzo secolo di cura delle anime ha soccorso i bisognosi, illuminato quanti erano nel dubbio, formato i giovani con consigli e buone pratiche di vita (lui che era un fior di sportivo).

Ha parlato alla gente con voce schietta ed efficace, calandosi sempre nei panni di chi lo ascoltava. In tutti ha lasciato un segno profondo ed è ora giusto perpetuarne la memoria anche in maniera tangibile. Come ricordarlo? Cosa intitolargli?

A ben guardare, uno spazio ci sarebbe e sembra fatto apposta per sublimarne la figura. Si tratta di quel prato incolto che si trova a pochi passi dall’edificio sacro, incastonato tra Via del Ponte, Via San Lazzaro e il campo da frisbee.

Perennemente abbandonato al suo destino, potrebbe essere trasformato in un accogliente parco con spesa davvero modica e notevoli benefici per i residenti.

Sarebbe sufficiente curare periodicamente il taglio dell’erba, garantire un adeguato ombreggiamento con la piantumazione di alberi a basso fusto, prevedere un’idonea illuminazione notturna, installare panchine e giochi.

L’area diverrebbe così fruibile tutto il giorno e tutti i giorni da grandi e piccoli all’insegna della sana aggregazione.

Siamo certi che, osservando da lassù, ne sarebbe in cuor suo contento.  E scommettiamo che gli verrebbe voglia di scendere a scambiare due battute delle sue con il suo gregge lì radunato. E mai dimentico di chi gli ha regalato un’identità.

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