Terremoto Centro Italia, forse RisorgiMarche non basta più!
Sono passati oltre mille giorni da quanto il terremoto ha distrutto interi paesi, case, aziende ed ha ucciso tante persone lasciando “devastati interi paesi e frazioni.. macerie, morte, silenzio”.
Un evento drammatico reso ancora più drammatico dal fatto che, a quasi tre anni dalla prima scossa, tutto è rimasto come allora e la ricostruzione non è ancora partita. Ed è una amarissima riflessione che fanno gli stessi terremotati.
“Per chi non sa – scrivono i terremotati sui gruppi social – pensa che sia tutto apposto. Ma così non è. La ricostruzione non esiste, le persone, migliaia di persone, hanno dovuto abbandonare la propria terra e le casette date ai terremotati sono un’offesa all’intelligenza di un paese civile.
Le persone stanno male, non dormono, vanno avanti a psicofarmaci e qualcuno arriva a togliersi la vita. Le proteste cadono nel vuoto in un assurdo e colpevole silenzio. I terremotati stessi, sono inconsapevoli, a volte anestetizzati da “aiutini” e da illusioni”.
La sensazione è che le istituzioni siano piuttosto dei muri di gomma e la burocrazia lenta, farraginosa e pachidermica diventa la scusa per giustificare il tutto. Una situazione di stallo, quasi kafkiana, quasi da togliere il respiro tanto da portare qualcuno anche a perdere la voglia di vivere.
In un contesto come questo anche manifestazioni come RisorgiMarche, lodevoli nel loro intento, non bastano più. Se l’intenzione iniziale era quella di attirare i riflettori su questi territori feriti, oggi questo non basta più.
Sicuramente ha contribuito a diffondere il messaggio che questi sono territori bellissimi dal punto di vista storico e naturalistico ma, a tre anni dal terremoto, occorre andare oltre le folle che per un giorno raggiungono gli altopiani o i borghi e, dopo qualche ora se ne vanno.
Il dato di fatto è che queste popolazioni si sentono abbandonate, dalle istituzioni in primis che dovrebbero invece essere garanti del loro futuro. E non c’è futuro per un territorio se non si ricostruiscono le case, le attività commerciali, i monumenti, i luoghi delle comunità affinché si ritorni a vivere nei paesi.
Se abbiamo realtà vive ha senso parlare di turismo, il quale è sicuramente un valore aggiunto per il territorio altrimenti si rischia unicamente di alimentare il “turismo delle tragedie” di colui che arriva, prende atto della devastazione e se ne riparte.