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Nuovo Piano Sanitario regionale, Ruggeri: “La medicina territoriale non funziona se mancano gli ospedali”

Assemblea pubblica a Senigallia a cui hanno preso parte i sindaci Baldelli di Pergola e Bonci di Fossombrone

comitato_piano_sanitario_regionale_incontro_senigalliaSENIGALLIA – A fine gennaio i membri del Comitato Pro Ospedali Pubblici erano andati a protestare sotto il palazzo della Regione contro la bozza del nuovo piano sanitario regionale 2019/2021, “siamo stati gli unici in Regione ad organizzare un doveroso gesto” afferma Carlo Ruggeri, presidente del Comitato.

Venerdì 22 marzo si svolta una riunione pubblica a Senigallia in cui sono stati ribaditi i quattro punti cardine del Comitato: NO assoluto all’ospedale unico provinciale, NO al pronto soccorso unico provinciale, SI al mantenimento e potenziamento degli ospedali oggi esistenti, SI alla riapertura dei 13 ospedali chiusi.

“Abbiamo illustrato il dramma che si profila moltiplicato con il nuovo Piano Sanitario di Ceriscioli e compagni che confermano la chiusura dei 13 ospedali e la chiusura o comunque un forte ridimensionamento dei altri nosocomi come quelli di Pergola, Urbino, Pesaro San Salvatore e Fano.

Ceriscioli  – continua Ruggeri – vuole spingere e finanziare pesantemente nel nuovo Piano Sanitario Regionale la cosiddetta “medicina territoriale”, nonostante la mancanza di ospedali di prossimità come quelli da chiudere o ridimensionare fortemente. C’è la volontà di basare fortemente il prossimo futuro della salute sui Distretti e su miseri cronicari/ambulatorio extraospedalieri: dalle modeste case della salute ai miseri ospedali di comunità, oltre che al privato convenzionato e non.

Vengono esaltate dalla Regione le figure dei case manager (tradotto coordinatori del caso cioè sono infermieri consulenti specialisti generalisti) coordinati con i supermedici di Medicina Generale, i nostri medici di famiglia, già stragravati di impegni, che dovrebbero tenersi, secondo la Regione, sempre pronti alla diagnosi o al consulto, magari telefonici ed essere preparati a livello di quasi primari ospedalieri.

Nel nuovo piano Piano Sanitario – aggiunge Ruggeri – emergono caterve di psicologi, assistenti sociali, educatori professionali e chi più ne ha più ne metta (tanto i soldi, quando pare a loro, dicono che non ci sono!) affiancati da metodologie svolazzanti e, molte, fallimentari, se applicate senza un ospedale vicino.

Si parla di Chronical Care Model o Cohousing intergenerazionale, tutte incoscienti innovazioni se lasciate a se stesse. Incoscienti senza un ospedale a portata di mano e con le famiglie sempre in allerta con armi e bagagli pronte a cavalcare su e giù anche per centinaia di chilometri per usufruire di un soccorso immediato o un posto letto da elemosinare.

Abbiamo ribadito – continua Ruggeri – che gli attuali ospedali esistenti debbano essere per i residenti nei bacini di utenza locali nella parte ordinaria e per l’intero bacino d’utenza provinciale per le specializzazioni, anche alte, contemporaneamente alla riapertura dei 13 ospedali ghigliottinati. In presenza di ospedali chiusi, la “medicina territoriale all’acqua di rose” di Ceriscioli & C. non può funzionare ed anzi è altamente preoccupante e rischiosa se non c’è, assieme alla riapertura degli ospedali chiusi ed il mantenimento di quelli attuali da potenziare, la triplicazione di operatori di tipo infermieristico ed il raddoppio dei medici di famiglia”.

Presenti all’assemblea di Senigallia anche i sindaci di Pergola e Fossombrone, schierati per una sanità pubblica ed allineati all’idea policentrica del comitato. “Se non ci si da una rapida mossa – conclude Ruggeri rivolgendosi agli Amministratori – ne usciremo molto malconci, molto di più di quello che siamo già!”

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