Il Metauro
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Lutto per la morte di don Gabriele Belacchi, il ricordo di Alberto Berardi

Per più di 50 anni parroco alla Gran Madre di Dio di San Lazzaro

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Un giovane don Gabriele durante una escursione nelle sue amate montagne. La rubrica “Fanesi” di Alberto Berardi sul Metauro, luglio 2013

FANO – Alle 00.30 di sabato 11 gennaio don Gabriele Belacchi è tornato alla Casa del Padre. A renderlo noto con un comunicato è la Diocesi di Fano.

Don Gabriele era nato a San Costanzo il 22 novembre 1927 ed era stato ordinato presbitero nella Cattedrale di Fano il 29 giugno 1950. E’ stato, per più di 50 anni, parroco della Gran Madre di Dio nel quartiere di San Lazzaro e tutti lo ricordano per la sua vicinanza umana alla gente.

Da quando, per raggiunti limiti di età, non poteva più svolgere il suo ministero sacerdotale in parrocchia, era cappellano presso il monastero delle Carmelitane Scalze a Sant’Andrea in Villis. Don Gabriele era anche profondo conoscitore e amante della montagna.

Dal tardo pomeriggio di oggi, sabato 11 gennaio, all’obitorio dell’ospedale Santa Croce di Fano sarà esposta la salma. Lunedì 13 gennaio, alle ore 9, la salma verrà portata nella parrocchia Gran Madre di Dio dove sarà esposta fino alle 15.

Le esequie saranno celebrate lunedì 13 gennaio, alle ore 15, dal Vescovo Armando nella parrocchia Gran Madre di Dio. 

Nella trigesima, l’11 febbraio, alle ore 18, durante la celebrazione in parrocchia verrà ricordato don Gabriele.

A seguire, alle ore 18.30, verranno proiettati filmati realizzati dal sacerdote stesso sulla sua vita, sulla parrocchia, sulla realizzazione delle vetrate della chiesa.

Don Gabriele, nel 2014, aveva scritto anche il libro “Non solo ricordi ma semi di vita”, dedicato a tutti coloro, come scriveva il sacerdote, e sono tanti che hanno messo dei semi preziosi nel mio cuore. “Il testo di una canzone recita: “Il Signore ha messo un seme nel terreno dei mio giardino – scriveva nelle prime pagine del suo libro – Veramente nel mio giardino ne ha messi tanti, addirittura una infinità: le parole illuminanti del suo Vangelo, gli impulsi penetranti della grazia, la prorompente e rassicurante vitalità della fede, l’affascinante dinamica della formazione, sempre in continua e interrotta crescita e tanti e tanti altri semi”.

Nel 2013 sul Giornale del Metauro, Alberto Berardi aveva dedicato la sua rubrica “Fanesi” proprio don Gabriele. Riportiamo qui sotto il testo.

“Ho conosciuto Gabriele alle Commerciali come collega (il Don l’ho sempre omesso, prendendo esempio dal caro e vecchio amico Renato Remondini) e da subito ho iniziato con lui una schermaglia che ad oltre quarant’anni da allora, dura ancora oggi. Non ci siamo mai trovati d’accordo, su nulla. O quasi. Lui è appassionato di calcio, io affatto. Indulge persino al tifo ed io l’aborro. Ama di un amore grande la montagna ed io, in mezzo ai monti, provo soltanto angoscia. D’estate lui fa scalate, io discese. D’inverno lui scia sulle piste innevate,  io mi sprofondo  in poltrona al caldo per leggere Pirandello. Lui fa le prediche, io le contestazioni. Lui ha solo certezze, io tanti dubbi. Lui è alto e magro come un chiodo, io alto con propensione all’epa.

Se dovessi per forza trovare qualcosa che ci unisce direi i capelli: ne abbiamo pochi entrambi. Per moltissimi anni abbiamo insegnato nelle stesse classi, agli stessi alunni, partecipato agli stessi Consigli. Mai d’accordo.

Lui ha sempre opposto ai miei ”sufficiente” i suoi “moltissimo”. Gli allievi remissivi ed obbedienti erano per lui i migliori. Per me valeva il contrario. Apprezzavo ed apprezzo soltanto chi resiste, chi contesta e chi si fa valere. Lui ha un debole per le pecorelle incolonnate, io per i lupi solitari.

Una volta siamo stati insieme in una gita scolastica sul Monte Bianco. Il rito di iniziazione per i giovani professori era quello di essere sepolti sotto la neve da bande di studenti da lui incoraggiati. Il tutto diligentemente registrato dalla sua cinepresa, altra sua passione da me non condivisa per non dire avversata. Mi rifiutai e lui ci rimase male.

Ma allora vi chiederete perché unisco la mia voce a quella dei tanti amici che un po’ sadicamente vogliono festeggiarlo al compimento di uno dei suoi innumerevoli compleanni?

Perché se io non litigo non mi diverto e con lui fortunatamente non c’è mai  motivo per essere tristi.

Perché la sua energia messa al servizio della fede e della comunità è stata sempre coerentemente indirizzata verso il bene ed in tempi di biechi egoismi non è cosa da poco.

Perché lo stimo moltissimo anche se non glielo ho mai detto, ma lui, intelligente come una volpe, lo ha capito da un pezzo.

Ed infine perché gli voglio bene, tanto bene.

Dunque lunga vita al prete, autenticamente fanese, Gabriele Belacchi. Oggi purtroppo in pensione. Sottratto all’affetto dei suoi parrocchiani da una legge assurdamente uguale per tutti. Fortunatamente per noi, ci attendono però ancora tanti scontri. O come diciamo noi a Fano tante “cagnare”. Di quelle che danno sapore alla vita e senza le quali  personalmente non saprei vivere. Per cui grazie ed ancora grazie di esistere carissimo Don Gabriele”.

 

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