Il Metauro
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Il messsaggio del Vescovo Armando Trasarti ai fedeli della diocesi

Il Vescovo di Fano raccomanda il rispetto delle regole in modo responsabile da parte di tutti per contenere il diffondersi del virus

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Il Vescovo Armando Trasarti nella ex-chiesa del Gonfalone

FANO – “Invito tutti a vivere, con coraggio, serenità e fiducia, questa situazione di emergenza, che ha creato e crea paure e smarrimento per la problematica sanitaria legata alla diffusione del “coronavirus” (COVID-19).

Le misure adottate mettono in crisi le abituali dinamiche relazionali e sociali. La Chiesa che è in Italia condivide questa situazione di disagio e sofferenza del Paese e assume in maniera corresponsabile iniziative con cui contenere il diffondersi del virus. Attraverso i sacerdoti e i laici continua a tessere con fede, passione e pazienza il tessuto delle comunità.

Assicura la vicinanza della preghiera a quanti sono colpiti e ai loro familiari; agli anziani, esposti più di altri alla solitudine; ai medici, agli infermieri e agli operatori sanitari, al loro prezioso ed edificante servizio; a quanti sono preoccupati per le pesanti conseguenze di questa crisi sul piano lavorativo ed economico; a chi ha responsabilità scientifiche e politiche di tutela della salute pubblica.

Non possiamo minimizzare o trascurare l’impatto di questa emergenza sul mondo del lavoro artigianale, industriale, turistico e quanto altro: ci auguriamo che le scelte politico-economiche vengano velocizzate con risposte concrete e immediate.

Molti di voi si chiedono e ci chiedono cosa possiamo fare nelle nostre chiese o comunità cristiane in questo tempo.

Anzitutto viviamo giorno per giorno le comunicazioni che ci vengono offerte ed ottemperiamo con umiltà e senso di responsabilità ai decreti dello Stato o agli orientamenti delle Diocesi delle Marche.

Cercare di prevenire e garantirsi dal contagio è un dovere morale non solo per la nostra persona ma anche e soprattutto per la salute e il bene degli altri. Ognuno faccia la sua parte affinché il contagio sia contenuto.

Ai giovani e ai ragazzi del mondo della scuola vorrei ricordare che questo non è tempo di vacanze prolungate, ma di impegno nello studio a casa in maniera individuale e con tutti i mezzi che la scuola stessa potrà offrire.

Non saranno certo le mancate celebrazioni eucaristiche a cancellare in noi il desiderio di Dio. Questo desiderio deve piuttosto rafforzarsi e consolidarsi. In tempi di emergenza questa privazione può rendere ancora più forte la dimensione contemplativa della nostra vita.

Tutti possiamo valorizzare questa quaresima – talora senza celebrazione della S. Messa – con le opere della penitenza quaresimale:

La preghiera. Si possono creare spazi di preghiera in casa, da soli o insieme alla nostra famiglia, momenti di ascolto della Parola leggendo e meditando un Salmo o il Vangelo del giorno utilizzando il sussidio predisposto dalla diocesi, o recitare il Santo Rosario, o ascoltare la Santa Messa in TV… per lasciare sempre più spazio a Dio. Non dimentichiamo che le chiese sono aperte per la preghiera personale e per raccogliere le nostre suppliche a Dio.

Il digiuno. La quaresima, con il suo forte appello al digiuno, è tempo propizio per rinnovare scelte di coraggio, assumendo uno stile di sobrietà. Sarebbe inutile astenersi dai cibi se non ci astenesse dal peccato. In questo modo il cristiano accetta la ‘faticosa lotta’ al peccato e alla cattiveria: le invidie, le gelosie, i giudizi cattivi, le rabbie coltivate nel cuore, i rancori, le divisioni…

La carità. La quaresima è tempo di più forte impegno di carità verso i fratelli. Non c’è vera conversione a Dio senza conversione all’amore fraterno, all’accoglienza dell’altro. Ricordiamoci bene: i poveri, in questa emergenza, non sono scomparsi; anzi forse sono ancora più bisognosi del nostro aiuto. Anche se non usciamo di casa verso le parrocchie e le chiese, raccogliamo ogni giorno il frutto della nostra piccola o grande carità e, a fine quaresima, la  consegneremo nelle Parrocchie.

Questa situazione difficile potrebbe anche farci tornare la nostalgia – talora assente – delle nostre Chiese e delle nostre liturgie ed altresì accorgerci in maniera più evidente di quanto bene si compie nelle corsie degli ospedali o case di cura da parte spesso di angeli ‘anonimi’, umili ma generosi e ricchi di umanità”.

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