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“Il 25 aprile non può essere una data divisiva!”

La riflessione di Matilde Della Fornace, presidente provinciale dell'Associazione Nazionale Partigiani Italiani di Pesaro e Urbino

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Matilde Della Fornace, presidente dell’ANPI provinciale di Pesaro e Urbino

PESARO – “Siamo a pochi giorni dalla festa del 25 aprile, come Presidente di Anpi Pesaro Urbino desidero fare qualche riflessione.

Siamo tutti consapevoli che la Resistenza sia stato un movimento corale, che se ha visto preponderanti le forze di sinistra di allora ha avuto anche la partecipazione di ampie componenti moderate.

In quella lotta l’Italia si è rigenerata dal punto di vista politico e morale e quella rigenerazione celebriamo.

Il 25 aprile non può essere una data divisiva perché contiene valori universali, come la libertà, l’uguaglianza, l’habeas corpus calpestati dal fascismo, scolpiti in modo chiarissimo nella nostra Costituzione.

Oggi, a quasi 80 anni di distanza, perde ancora più di senso che l’atto fondativo della nostra Repubblica sia oggetto di infingimenti, di manipolazioni, di retoriche falsate.

Non si può impostare un dibattito polemico di contrapposizione su questioni di così basilare importanza, né rispondere a provocazioni, quale quella del Presidente del Senato sulle Fosse Ardeatine, che tentano di confondere le responsabilità del fascismo prima e del nazifascismo poi.

La Resistenza è stata anche una guerra civile, ma le parti che si contrapponevano non possono essere poste sullo stesso piano, come si tenta ripetutamente di fare, è una lettura di quel periodo da respingere decisamente con indignazione.

Cosa mai c’è da rimpiangere del fascismo? Non la violenza efferata, la privazione della libertà di pensiero e di parola, le leggi razziali, le guerre senza onore, la corruzione esorbitante, non la subordinazione delle donne all’uomo.

Ma quale celebrazione migliore dell’italianità esiste se non quella che ha combattuto per la libertà? Sarebbe dunque auspicabile che oggi le massime cariche dello Stato conferissero al 25 aprile la sua valenza unitaria.

Dobbiamo sempre partire da un assunto fondamentale, il principio di diritto alla libertà e all’uguaglianza di ogni individuo, sono principi universali e milioni di donne e uomini si sono battuti e si battono per affermarlo.

Il fascismo e il nazismo hanno voluto negare in modo netto quei principi imponendo l’assoggettamento a un potere arbitrario a chi era cittadino, discriminando ed eliminando chi non aveva nemmeno diritto a quella servitù, la Shoah con tutta la sua tragedia rientra all’interno di questo disegno.

L’armistizio dell’8 settembre 1943 ha portato all’occupazione nazista dell’Italia con il sostegno di un fascismo sottomesso e spietato e questo ha posto gli italiani di fronte ad una scelta.

Nascondersi e sfuggire alla cattura e aspettare la fine della guerra o ribellarsi e combattere, restituire una parte di dignità agli italiani, essere partecipi e condividere la vittoria su dittature costruite su principi di negazione della dignità dell’uomo, della sua libertà e dell’uguaglianza per tutti gli uomini.

Ma la scelta poteva essere anche quella di appoggiare la Repubblica Sociale di Salò facendo spesso il lavoro più crudele nella repressione della popolazione.

Non si mette mai con sufficiente evidenza come dietro le uccisioni e le stragi più efferate compiute dai nazisti vi fossero fascisti che denunciavano e guidavano azioni contro italiani, coinvolti o meno nella Resistenza, vittime civili o partigiani.

Quelle scelte non sono sullo stesso piano, se consideriamo la libertà e l’uguaglianza come principi da cui dedurre le regole del vivere di una società, chi ha scelto la dittatura violenta, oppressiva, discriminante, si è posto al di fuori di ogni possibile società che riconosca diritti fondamentali.

Ogni strage, ogni violenza non è stata una ‘reazione’ per ‘colpa dei partigiani’, come ancora si ripete, ma crimine di guerra nell’ambito di una strategia di oppressione tesa a terrorizzare la popolazione di un territorio da controllare e i loro autori sono stati giustamente processati, ove possibile e con molto ritardo.

La Resistenza a cui tante donne e tanti uomini e in tanti modi hanno partecipato, come emerge dalla storiografia, costituendo una rete ampiamente diffusa sul territorio, ha reso possibile la scrittura della nostra Costituzione antifascista.

Quell’esperienza eccezionale, estrema, intensa, ha permesso la formazione di una nuova identità individuale e collettiva. Liberali, cattolici, socialisti, comunisti e tanti altri ancora, protagonisti di quella lotta, hanno raggiunto un equilibrio straordinario traducendo in articoli gli elementi più significativi delle loro ideologie.

La nostra Costituzione delinea un tessuto comune, un patto per la nostra società, una architettura per il nostro paese in cui tutti ci riconosciamo, ovviamente i fascisti non strinsero quel patto, non parteciparono alla scrittura della legge fondamentale della Repubblica democratica italiana.

E’ la nascita dell’Italia libera, da qui tutto il valore commemorativo e l’importanza del 25 aprile come festa civile fondativa, nella libertà e nel rispetto di tutti. Tutto questo dobbiamo tenere presente quando vi sono giudizi superficiali e volutamente tendenziosi a confondere con una nebbia grigia un passato drammatico della storia dell’Italia, ma anche un passato da cui è emersa una nuova realtà civile, una democrazia che ha già superato molte prove difficili nel dopoguerra fino a noi.

Non vi sono più, insieme a noi, nelle celebrazioni, con la loro autorevolezza, le partigiane e i partigiani, ma il 25 aprile è una festa che appartiene a tutti i cittadini liberi che si ritrovano in quella storia e in quella Costituzione ed è un giorno profondamente significativo per l’Anpi che raccoglie l’eredità di quel passato ed è per questo che invita tutti ad una partecipazione unita all’insegna di quei valori”.

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