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Enrico Del Guasta, dalla lotta partigiana a Fossombrone alla miniera di Marcinelle

Il 17 febbraio 2020 ricorre il centenario della sua nascita

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Enrico Del Guasta, immagine apparsa sui quotidiani dell’epoca. fonte: Il Tirreno

FOSSOMBRONE – Il 17 febbraio ricorre il centenario della nascita di Enrico Del Guasta. Questo nome, oggi, non dice nulla ai giovani, ma non era così 75 anni fa.

Enrico viveva a Fossombrone, ma era nato nel comune di Cascina, esattamente nella frazione di Pettori, da Natale e Elide Vincenzini.

Il servizio militare lo aveva fatto arrivare a Fossombrone, nella caserma allestita nei locali del settecentesco palazzo che ospitava i granai medicei, ove era acquartierato il distaccamento dell’84° Reggimento di fanteria di stanza a Fano.

L’8 settembre del 1943, dopo la lettura dell’armistizio da parte di Badoglio, che lasciò l’esercito senza ordine e da cui nacque il conseguente sbandamento, il colonnello Adrianelli, capo della guarnigione locale, se n’era andato, subito seguito dagli altri soldati.

LA LOTTA PARTIGIANA A FOSSOMBRONE

Enrico non scappò via per tornare a casa dai suoi, ma rimase a Fossombrone, dove aveva già iniziato una seria relazione sentimentale, tanto che il 21 novembre 1943 egli si sposò nella locale chiesa di S. Agostino con Ivonne Truffi, la cui famiglia di antifascisti era stata inviata per qualche anno a Ventotene.

In quei momenti di confusione fra governo Badoglio e governo della Repubblica Sociale di Salò egli non passò fra le file del rinato esercito fascista sotto il controllo nazista né si nascose, come tanti, in attesa che la guerra finisse con l’arrivo degli Alleati che stavano risalendo la nostra penisola. No, egli, che aveva il grado di caporale, nel frattempo si diede da fare per far nascere la resistenza anche nel nostro territorio.

Il primo gruppo di partigiani si nascose nell’ex-convento di Montebello, nelle Cesane e da lì partivano per effettuare le loro azioni militari: disarmare carabinieri e fascisti per procurarsi le armi, sabotaggi, apertura dei silos del grano e distribuzione alla popolazione.

In uno scontro, avvenuto il 10 agosto 1944 in località Molino di Malla nel comune di Montefelcino contro un soverchiante numero di soldati tedeschi, tre partigiani furono catturati e fucilati a Pesaro, fra i quali il capo Leone Balducci.

Il suo posto fu preso allora da Enrico che con il nome di battaglia di “comandante Franz” rimase responsabile della banda partigiana fino alla liberazione di Fossombrone (26 agosto 1946).

LA PARTENZA PER LE MINIERE DEL BELGIO

Dopo la guerra egli tentò inutilmente di trovare un lavoro adeguato ai bisogni della sua famiglia, cresciuta di quattro figli: Libero (n. 1944), Gianfranco (n. 1946), Graziella (1948) e Umberto (n. 1949).

Dai libretti di lavoro del 1946 e 1952 risulta iscritto come manovale, ma purtroppo si trattava di lavori saltuari insufficienti per una famiglia di sei persone.

Si aspettava un lavoro continuativo per avere rischiato la propria vita combattendo per la liberazione della propria Patria, ma essa invece gli fu matrigna.

Così, dopo vari tentativi, non gli rimase che andare a lavorare in Belgio.

Il 30 novembre 1952 firmò il contratto con i proprietari della miniera di carbone chiamata Le Bois du Cazier a Marcinelle.

Partì da solo e nel 1953 vi si trasferì la moglie con due figli, Graziella ed Umberto, poiché gli altri due erano in collegio a Fano e giunsero l’anno seguente.

Abitavano in baracche che erano state utilizzate dai tedeschi come lager ed avevano avuto una rispolverata per farle apparire meno indecorose.

Il soggiorno della famiglia Del Guasta in terra straniera fu di breve durata.

LA TRAGEDIA DI MARCINELLE

L’8 agosto 1956, alle ore 7, Enrico risaliva stanco dal pozzo della miniera, dove aveva lavorato per 8 ore.

Un suo collega, ammalatosi improvvisamente, doveva essere assolutamente sostituito, così toccò di nuovo ad Enrico discendere nelle viscere della terra per non risalirne mai più vivo.

Alle ore 8,10 l’incendio e lo scoppio che provocarono la più grave di tutte le tragedie minerarie.

I funerali di Enrico si svolsero solo il 20 settembre 1956 assieme con altri 53 minatori ritrovati nei giorni precedenti.

Questa immane strage di lavoratori suscitò una grande emozione in tutta Europa per cui quando qualche decennio più tardi tentarono di demolire tutte le baracche e il pozzo per farci un supermercato, il progetto venne respinto e oggi vi è sorto un museo che ricorda i fatti e le vittime.

Enrico è stato concittadino forsempronese per 13 anni. Dagli atti ufficiali la sua famiglia risulta definitivamente trasferita a Cascina (Pisa) l’8 novembre 1956.

A 100 anni dalla sua nascita è giusto riportare alla memoria le vicende di un capo partigiano morto nella tragedia di Marcinelle, che vide la misera fine di 262 minatori, di cui ben 136 italiani.

Renzo Savelli

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