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Ciclovia del Metauro, i dubbi del Comitato sul progetto della Regione

Il rischio è che con l'attuale tracciato i fondi europei non vengano erogati e che si possa ricorrere alla Corte del Conti per danno erariale

pista ciclabile area codma
Pista ciclabile area codma

FANO – “In base alla legislazione nazionale, la ciclovia deve essere un ‘itinerario che consenta il transito delle biciclette nelle due direzioni, dotato di diversi livelli di protezione determinati da provvedimenti o da infrastrutture che rendono la percorrenza ciclistica più agevole e sicura’. Inoltre, secondo le norme vigenti, le ciclovie a doppio senso di marcia devono essere larghe almeno m 2,50 e avere un cordolo di separazione di cm 50”.

Inizia così la nota del Comitato Ciclovia del Metauro che prosegue: “Il progetto di ciclovia turistica predisposto dalla Regione Marche non rispetta affatto queste caratteristiche, come dimostra il progetto definitivo inviato ai Comuni alcuni giorni fa.

C’è quindi da temere che la UE non confermi i 4,5 milioni da impegnare entro dicembre 2022 e siano avviati ricorsi alla Corte dei conti per danno erariale.

Come evidenzia la linea rossa presente nelle immagini, pur di non utilizzare incomprensibilmente l’ex ferrovia abbandonata, il naturale innesto della ciclovia a Fano in viale Piceno viene arretrato più a monte ma più avanti si sfiorano comunque i binari che poi vengono lasciati per consumare prezioso suolo agricolo; attraversato il Campo di aviazione partendo da via del Fiume, si prevede di scavalcare via Papiria, il Canale Albani e via Canale Albani con un ponte alto 5/6 metri che atterra nel quartiere S. Orso con una lunga rampa, praticamente un muro di cemento in prossimità dei condomini esistenti;  percorsa via Soncino fino all’altezza di via P.P. Pasolini, ci si inoltra in altre aree agricole per raggiungere via G. Vasari e poi via Galilei, passare sotto l’autostrada A14 e arrivare in zona Codma ritagliando lo spazio ciclabile lungo la trafficata strada esistente. Più avanti, restando in Comune di Fano, si procede lungo strade secondarie che andrebbero ristrette nonostante esista lo spazio adatto lungo i binari abbandonati.

Inoltre, il passaggio di questa ciclovia interessa numerose particelle catastali anche di proprietà privata che dovrebbero essere espropriate a costi enormi e mettendo in difficoltà le lavorazioni agrarie per il loro frazionamento. Sarebbero d’accordo i proprietari o inizierebbero lunghi e giustificati contenziosi? Per quanto tempo poi dovrebbero lavorare gli Uffici comunali per preparare le pratiche?

Tutto ciò nonostante esista già un percorso da riqualificare come l’ex ferrovia che procede in maniera lineare, non comporta espropri e già ora rappresenta una scorciatoia per molti abitanti di S. Lazzaro, Vallato e S. Orso.

Da notare che la proprietà (RFI) intende dialogare con le Amministrazioni locali di tutta Italia perché i binari abbandonati vengano utilizzati soprattutto a piedi e in bicicletta, vista la non convenienza o l’impossibilità di un ripristino ferroviario.

Qual è la logica di questa “ciclovia” letteralmente stravagante?  Chi mai si avventurerebbe su questo percorso arzigogolato, pericoloso, non illuminato e poco frequentato nelle zone rurali e periferiche, per niente attrattivo e più lungo del necessario?”

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