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Trattativa Stato-mafia, se ne parla a Fano con il giudice Scarpinato

E’ stato membro del pool antimafia di Falcone e Borsellino

roberto_scarpinatoFANO – Roberto Scarpinato, procuratore generale della Corte d’Appello di Palermo è il protagonista del primo incontro di “Con le parole giuste” che debutta venerdì 30 novembre alle ore 18 nella Sala Verdi del Teatro della Fortuna.

Il giudice, lo storico e la ricerca della verità tra violenza e menzogna. La parte segreta della storia” è il sottotitolo di questo primo appuntamento imperdibile perché – come afferma Francesco Messina, giudice coordinatore dell’Ufficio GIP GUP del Tribunale di Pesaro che dialogherà con Scarpinato nel corso dell’incontro – verranno svelate ai presenti novità sul processo della Trattativa Stato – mafia mai rese note prima d’ora”.

Scarpinato – continua Messina – è per motivi professionali, intellettuali e per gli studi fatti, protagonista delle vicende più importanti della storia giudiziaria italiana. La storia giudiziaria italiana si interseca con la storia politica italiana perché storia è anche ciò che viene accertato nei processi in nome del popolo italiano e che spesso non viene pubblicizzato.
C’è spesso una netta separazione tra ciò che emerge nel corso dei processi e ciò che viene comunicato anche perché i giornalisti a volte non hanno una adeguata consapevolezza di ciò che viene accertato.

La presenza del giudice Scarpinato è un regalo alla città di Fano, nel corso dell’incontro infatti sarà mostrata una verifica degli atti senza alcun tipo di mediazione. Si parlerà di processi come quello ad Andreotti, del processo della Trattativa e ancora di Tangentopoli, insomma processi che come dicevo hanno fatto la storia italiana perché è vero che la memoria si nutre dell’oblio ma è altrettanto vero che la memoria su fatti importanti come questi condiziona sia il presente che il futuro ed è qui che assume rilevanza il concetto di democrazia consapevole.
Il paradosso della nostra società detta dell’informazione è che manca la consapevolezza, lo spirito critico nel scindere la verità da ciò che ci viene fatto credere, ma grazie a momenti come quello di venerdì prossimo la comunità può riappropriarsi della conoscenza”.

La parola chiave dell’incontro sarà STORIA. La storia è scritta dai potenti, da coloro che possono prendere decisioni per la collettività. Che peso hanno le vite dei singoli?
“E’ un peso rilevante – riprende il giudice Messina – la storia insegna che nei momenti di crisi storica sono state poche persone a guidare il cambiamento. Penso ad esempio alla Resistenza: inizialmente furono in pochi ad opporsi al Regime ma quei pochi spostarono gli equilibri. La stessa Costituzione venne creata da un gruppo ristretto di intellettuali. Ognuno di noi è responsabile e può dare impulso al cambiamento. La forza esiste perché nessuno la contrasta. I singoli hanno la responsabilità di contrapporre alla forza la ragione, questo è il dovere etico di ognuno di noi altrimenti non viviamo ma sopravviviamo”.

Infine abbiamo chiesto a Messina qual è l’eredità che ci hanno lasciato Falcone e Borsellino.
“Diffido – dichiara il Giudice – da chi vive la testimonianza dei nostri colleghi mistificandola. Falcone e Borsellino ci hanno indicato un metodo, non bisogna guardarli in un’ottica contemplativa ma attuare il loro metodo seppur tenendo in considerazione che operarono in un Paese che nel corso degli ultimi 25 anni è molto cambiato e che quindi va adattato ai giorni nostri.
Il loro metodo mette al centro il rigore morale e conoscitivo in modo assoluto, mette davanti a tutto l’interesse della collettività e non del singolo. Solo anteponendo sempre l’interesse della collettività si possono infatti elevare anche le vite dei singoli. Ultimamente si cita spesso un articolo della Costituzione americana che afferma che l’uomo ha il diritto ad essere felice. Io sono del parere che la felicità del singolo possa essere realizzata soltanto se c’è un equilibrio tra benessere del singolo e collettivo altrimenti della felicità personale l’uomo non sa che farsene”.

ECCO CHI E’ ROBERTO SCARPINATO

Scarpinato inizia la carriera in magistratura nel 1980. Dopo avere prestato servizio presso la Procura della Repubblica di Palermo nel 1991 entra a far parte del pool antimafia collaborando con Giovanni Falcone e con Paolo Borsellino. Si occupa – tra le altre cose – della requisitoria al processo sull’assassinio politico-mafioso di Piersanti Mattarella, Presidente della Regione siciliana, di Pio La Torre, segretario regionale del PCI, di Michele Reina, segretario provinciale della Democrazia Cristiana e di Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto di Palermo.

Dopo la strage di via D’Amelio, il 19 luglio 1992, è il promotore della rivolta di otto sostituti procuratori contro il procuratore capo Piero Giammanco, al quale viene addebitata la responsabilità di avere progressivamente isolato Giovanni Falcone, inducendolo ad andare via dalla Procura di Palermo. Quella clamorosa presa di posizione innesca un conflitto interno alla Procura di Palermo che costringe il Consiglio Superiore della Magistratura ad intervenire ed induce il procuratore Giammanco a chiedere il trasferimento.

Alla Procura della Repubblica di Palermo inizia così una svolta: Giancarlo Caselli è il nuovo Procuratore; viene arrestato Salvatore Riina detto Totò e vengono avviate le indagini per alcuni dei più importanti processi sui rapporti tra mafia e potere, che porteranno sul banco degli accusati molti intoccabili, tra i quali il senatore Giulio Andreotti (la cui responsabilità fu accertata per i fatti antecedenti al 1980) e Bruno Contrada, numero tre dei servizi segreti civili, il quale sarà condannato a dieci anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. La nuova stagione dell’antimafia decolla definitivamente portando all’arresto dei più importanti capi della mafia militare, a centinaia di condanne all’ergastolo e contemporaneamente alla prosecuzione di indagini e processi sul versante strategico delle collusioni con i colletti bianchi.

Il nome di Scarpinato torna alla ribalta per l’indagine sui cosiddetti “Sistemi criminali”, che investe i moventi ed i retroscena politici delle stragi del 1992 e del 1993. Divenuto Procuratore aggiunto, conduce pressanti indagini sui rapporti tra la mafia e la massoneria deviata, sulla cosiddetta “trattativa” tra lo Stato e Cosa Nostra nel periodo delle stragi, e sui rapporti tra mafia ed economia.

Nel 2005 assume la direzione del Dipartimento mafia-economia all’interno del quale crea un gruppo di magistrati e investigatori specializzati, che smantella colossali patrimoni illegali, giungendo a sequestrare dal 2008 al 2010 beni in Italia ed all’estero per un valore di circa tre miliardi e cinquecento milioni di euro. Il Dipartimento comprende anche il settore delle misure di prevenzione antimafia che nel 2010 ottiene la certificazione di qualità ISO 9001. Nel giugno 2010 viene nominato Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Caltanissetta. Il 7 febbraio 2013 è nominato dal plenum del Consiglio Superiore della Magistratura nuovo Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Palermo. È autore di numerose pubblicazioni in Italia e all’estero e collabora anche con la rivista MicroMega.

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