Il Metauro
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Memoria di Adriano

Conversazione con Laura Olivetti, intervista rilasciata nel 2009

laura ed adriano olivetti
Una Laura Olvetti bambina con suo padre Adriano (Fondazione Adriano Olivetti)

ROMA – Laura Olivetti è morta ad Ivrea nel 2015. Nel 1997 era diventata Presidente della Fondazione Adriano Olivetti. Nel 2009 ci ha concesso una intervista nella sede della Fondazione a Roma che abbiamo pubblicata sulla nostra rivista MAG e che ripubblichiamo a 60 anni dalla scomparsa di suo padre Adriano Olivetti.

La figura di Adriano Olivetti è legata al concetto di bello nei vari aspetti della vita dell’uomo…
Quando è morto mio padre io ero molto piccola per cui ho imparato molto di lui leggendo.
Di quegli anni ho il ricordo di un’infanzia vissuta nella LUCE. La luminosità degli ambienti, nella mia memoria, genera un grande senso di benessere. Leggendo gli scritti di mio padre si percepisce un’idea del bello quasi mistica, religiosa, come strada per raggiungere l’infinito.

Il bello come meta assoluta dell’uomo. Sicuramente, su di lui, hanno inciso fortemente la religione e l’educazione impartita dalla mamma, di religione valdese. In famiglia i motti erano “fare mettendo insieme le ricchezze”, “fare e creare condizioni di vita migliori”.

A questi assunti Adriano ha aggiunto la sua creatività. Sorrido quando mi viene chiesto di commentare la “responsabilità d’impresa” di Adriano Olivetti: certi valori erano già naturali in lui. Penso, ad esempio, agli “asili aziendali” che la Olivetti istituì. Era scontato per lui che ci fosse uno spazio dedicato ai bambini, ai figli degli operai, uno spazio per la crescita. Tutto era studiato in ogni minimo particolare e in forma “scientifica”.

Dalla qualità della vita alla produzione industriale di oggetti “belli”, oggi conosciuti in tutto il mondo…
Adriano partiva dal presupposto che trovarsi a “manovrare” un oggetto esteticamente bello fosse più edificante per la persona. Oltre alla sua funzionalità, era convinto che un bell’oggetto avrebbe potuto produrre una crescita culturale nell’individuo.

Le sue intuizioni creative furono realizzate da professionisti, ingegneri, designer che lui seppe scegliere sapientemente per dare forma alle sue idee.

La scomparsa improvvisa di Adriano Olivetti pone fine a questo ambizioso progetto di impresa?
Questa è una domanda difficilissima. In realtà l’azienda non è morta ma ha subito molte vicissitudini.
Certamente, dalla scomparsa di mio padre, sentendo i commenti delle persone che lavoravano alla Olivetti, l’azienda non è più stata la stessa.

Adriano Olivetti è stato il precursore di molte scelte aziendali, un imprenditore legato al territorio e alla sua comunità. Non pensa che la sua figura sia poco conosciuta rispetto all’enorme eredità di valori che ha lasciato alle nuove generazioni?
Certamente, è anche per questo che nel 1962 è stata istituita la Fondazione a lui dedicata.

A partire dal 1997, anno in cui ho assunto la presidenza, è stata fatta la scelta di focalizzarsi maggiormente su azioni che fossero in linea con lo spirito ed i valori di Adriano Olivetti.

Tra i progetti più interessanti mi piace ricordare quello di “Arte pubblica, arte di comunità”. È il caso, ad esempio, del Foro Boario di Roma, un’area dove convivono persone di diverse culture. Un artista ha interpretato questo spazio creando un’installazione costituita da una enorme tavolo dove gli abitanti possono sedersi e mangiare insieme.

Voglio anche ricordare il “Progetto nuovi committenti” in cui gruppi di cittadini chiedono di abbellire con installazioni artistiche una zona della loro città dove vivono o lavorano.

L’intento è quello di rendere protagonisti gli abitanti e di far fruire l’opera stessa in modo attivo. Ad oggi la Fondazione ha realizzato cinque interventi di questo tipo: uno in Abruzzo e quattro a Torino.

Da due anni a questa parte, infine, la Fondazione lavora nel territorio di Ivrea ad un progetto denominato “Distretto dell’intangibile”. L’intangibile riguarda direttamente quegli aspetti di un’impresa che non sono quantificabili come le idee e il capitale umano ma che contribuiscono al successo dell’azienda. Siamo certi che queste nostre sperimentazioni saranno esportabili e quindi applicabili ad altre zone d’Italia, in cui il modello della piccola è media impresa è dominante.

L’articolo sulla storia della Olivetti pubblicato su MAG nel 2009 “Adriano Olvetti tra utopia e realtà”

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