Lo scenario è quello tipico a cui ormai da tanti anni ci ha abituati il mondo pubblicitario: prima ti creo il bisogno dandoti un servizio gratis e poi quando il bisogno si fa realtà… tac: te lo metto a pagamento!
In questi mesi di emergenza sanitaria le scuole, gli insegnanti e gli studenti, hanno sperimentato, loro malgrado, la spesso sterile didattica a distanza e l’attività didattica e organizzativa degli istituti (Consigli di classe, collegi docenti, ecc.) attraverso le videoconferenze.
Tra le piattaforme più utilizzate c’è sicuramente la “G Suite for Education” offerta gratuitamente da Google, attraverso la quale avviene la gestione di lezioni a distanza, riunioni, contenuti didattici, ecc.
Ma la sorpresa è arrivata inaspettata per molti istituti scolastici. Dallo scorso 1 ottobre infatti la piattaforma della multinazionale americana ha imposto un canone per condurre videoconferenze con più di 100 utenti.
Nessun problema se non fosse che molti istituti stanno convocando regolarmente i collegi dei docenti online e, spesso, i partecipanti sono in numero maggiore rispetto al limite gratuito della piattaforma.
Google però da parte sua propone il passaggio ad una versione a pagamento che avrebbe il costo di circa 300 euro al mese. Cifre che per le istituzioni scolastiche, che non godono di bilanci floridi, non sono di poco conto se moltiplicate per un intero anno.
Era luglio 2017 quando il Ministero e il colosso web Google firmavano l’accordo per accrescere le competenze digitali nella scuola attraverso la messa a disposizione di piattaforme a titolo gratuito.
Ma nel frattempo è arrivata la pandemia ed è cambiato il mondo. Gli applicativi Google come ad esempio “classroom” con la possibilità di creare vere e proprie classi virtuali, sono diventati di utilizzo comune nelle scuole spinti dalla didattica a distanza che nel primo picco della pandemia ha permesso di tenere le scuole “aperte”.
Oltre ai costi da affrontare per le scuole, non è poi da sottovalutare l’altro grande tema della gestione della mole impressionante di informazioni che quotidianamente vengono caricate sui server della multinazionale americana da parte di tante scuole italiane. Una miniera preziosissima di dati! E sappiamo bene quanto per l’economia digitale i dati siano importanti.
I numeri del sistema scolastico potrebbero invece favorire la realizzazione di una piattaforma autonoma promossa dal Ministero stesso. In questo modo verrebbero evitate sorprese alle istituzioni scolastiche, anche di tipo economico, e sicuramente si avrebbero maggiori garanzie sulla gestione dei dati degli utenti.