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Il “Grazie” del Vescovo Armando alla comunità civile e religiosa

L'omelia pronunciata dal Vescovo Armando Trasarti nella messa di ringraziamento celebrata nella cattedrale di Fano

messa vescovo trasartiFANO – Il testo integrale dell’omelia pronunciata oggi Vescovo Armando Trasarti nella Messa di ringraziamento celebrata nella cattedrale.

“Grazie”. Probabilmente, anzi sicuramente, sarebbe parecchio più povera la nostra vita se non avessimo dei grazie da dire. Sono molte le circostanze che possono generare l’occasione di pronunciare “Grazie”, ma non tutte di uguale arricchimento.

“Grazie” è l’esito di una consapevole e calda gratitudine. Sono quei grazie che rendono migliore, che dilagano dentro di sé perché riconoscono alle persone ciò che da loro abbiamo ricevuto e che ci hanno fatto bene.

Avere un grazie da dire significa essere stati destinatari di una vicinanza, sovente di una attenzione, che ci ha lasciati arricchiti. Qualcuno ci ha segnato con della bellezza.

Essere grati diventa una concezione della vita, un modo di porsi nei confronti del mondo e degli altri, che non considera tutto scontato e dovuto: ogni cosa diventa un dono, ogni esperienza non scontata, ogni momento trascorso in vita prezioso come fosse l’ultimo.

messa vescovo trasarti_3La fraternità è il calore dell’affetto, la bellezza della generosità, il sollievo di esser ascoltati e riconosciuti per quello che siamo davvero, il sostegno dell’amicizia, la meraviglia della gratitudine, il balsamo del perdono, la consolazione nella tristezza e tanto altro. Ci sono persone che vivono tutto questo e diventano stelle in mezzo all’oscurità della vita.

Uno scritto in cui mi riconosco pienamente dice così: “Quando, in un momento simbolico, stava ponendo le basi della Sua grande società, Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un ‘imbroglione’, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo.

E su quella pietra Egli ha edificato la sua Chiesa, e le porte dell’inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti, su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole”. (G.K. Chesterton, Eretici, 1905).

In questa debolezza riconosco tutta la mia vita, di uomo, di cristiano, di Vescovo, per questo l’unica parola che offro è il mio Grazie.

Un grazie particolarissimo va a tutto il buon popolo di Dio, credente e non, che vive in questo meraviglioso territorio: un popolo laborioso, generoso, accogliente… ricco di associazionismo laico e cattolico, capace di tener vive tradizioni e impegni in ogni comunità civile e religiosa; impossibile citare tutte le realtà di associazionismo di carità, di cultura, di sostegno ai deboli, ai malati, ai poveri.

messa vescovo trasarti_2In questo contesto va il mio grazie diffuso a tutto il clero, ai diaconi e alle tante comunità religiose che nutrono la spiritualità ed esaltano la bellezza del nostro vivere: sono stato sempre convinto, e lo sarò sempre, che la grandezza del Vescovo è senza dubbio il popolo di Dio, ma i consacrati creano armonia, presenza, profezia, accompagnamento. Grazie!

Carissimi presbiteri, diaconi e consacrati-e, “Nessun momento, anche se di transizione o di incertezza, di nebbia e di notte, è fuori dal disegno di Dio, è privo di un senso provvidenziale. Ogni epoca è tempo di grazia, è un kairòs che apre alla fiducia nell’esistenza di un cammino di pacificazione per i singoli e per un popolo, per l’insieme dei popoli” (Card. Martini).

Oggi è quanto mai necessario riconoscere con serenità di vivere la condizione di piccolo gregge, di essere seme e lievito nella città, non è un cedimento, ma rappresenta una grande occasione storica, perché implica un ethos preciso, un ethos di umiltà, di mitezza, di misericordia, di perdono, di riconoscimento delle proprie colpe anzitutto all’interno della Chiesa.

La Chiesa ha il ruolo di comportarsi con la sobrietà e la pazienza di chi vede all’opera in ogni tempo le forze che mirano al bene dell’uomo, ogni uomo, tutto l’uomo. Non possiamo sempre gridare forte la verità: essa presuppone amore e sensibilità. Bisogna abituarsi a “una sapiente gradualità”. Nessun valore, per quanto primario, può essere imposto al prezzo di una “deflagrazione della convivenza”.

La differenza cristiana, opzione per gli emarginati, le vittime della storia, i sofferenti
opzione per l’umanizzazione e la pienezza della vita, lo stile dei cristiani nella compagnia degli uomini: stile di comunicazione e di prassi. Lo stile è tanto importante quanto il contenuto del messaggio (“Imparate da me che sono mite e umile di cuore” Mt 11,29)

Un grazie e un augurio sincero al mondo politico, sociale, educativo e imprenditoriale. Voi siete i ‘ministri’ laici, consacrati alla ricerca e alla costruzione del bene comune. Grazie per l’impegno profuso nel servire tutto il popolo che vi è stato affidato. Servite il popolo e il bene di tutti.

Carissimi, è vano affrontare i problemi comuni come fossero un’impresa individuale; è inutile pensare di risolvere i problemi di una città ricorrendo al confronto muscolare; è ingannevole la ricerca di consenso e l’uso strumentale di fenomeni complessi come la povertà o l’immigrazione; è velleitario pensare di amministrare un territorio senza una visione, senza una idea condivisa di bene comune, senza l’ascolto attento e amorevole della gente; è illusorio, infine, ritenere che la denatalità, l’educazione dei figli, il disagio degli adolescenti, l’emergenza abitativa per le giovani coppie siano problemi privati e non una questione pubblica, collettiva, che riguarda il comune destino.

E’ commovente intravvedere spesso innumerevoli ‘volti’ di persone che fanno lievitare il ‘bene comune’: quelli che si impegnano ogni giorno nelle Istituzioni e nel volontariato; quelli che, come imprenditori, hanno premura di far crescere collaboratori e clienti, producono ricchezza per costruire e mantenere famiglie; quanti educatori e insegnanti si impegnano per integrare figli e famiglie, anche di immigrati; quelli che nel mondo della salute si prendono cura dei malati, che si fanno carico dei disabili e delle diverse forme di dipendenza per aiutare la società a non implodere.

Un pensiero di gratitudine lo rivolgo, ancora una volta, a tutte le forze dello Stato.
La presenza dell’Eccellenza il Prefetto, Dott.ssa Emanuela Saveria Greco, ne compone la sintesi ed il valore: a servizio del bene comune, della sicurezza, dell’ordine, della giustizia, della pace, della legalità… a servizio dell’uomo.

Voi uomini e donne in divisa, sperimentate la condivisione quotidiana e vissuta nel luogo; fedeltà al territorio, un territorio duro a volte. Voi riconoscete il territorio come vostro, sì da viverne i tormenti ma anche le gioie.

Bisogna vivere e conoscere il territorio per comprendere la vita delle persone, per coglierne le necessità autentiche, per farne proprie le difficoltà: per far più bella e serena questa porzione di territorio che vi viene affidato.

Presenza tra la gente. Non solo nel territorio ma tra la gente. Educatori più che controllori: il necessario senso del dovere e la grande competenza in rapporti umani profondi e ugualmente necessari, ancor più necessari quando i cittadini sono afflitti da paura, insicurezza e sfiducia.
Siate modelli perché avete un ruolo pubblico: amore alla Polis, amore e non paura.

Un sogno e un augurio
Il sogno e l’augurio di una Chiesa lieta e coraggiosa: con quella libertà che ci consente di essere dentro questo tempo, senza sfuggirne la complessità, senza l’affanno che deriva dal desiderio di possederlo, di possedere la storia e di manovrare i destini.

Abbiamo bisogno di una fioritura di comunità liete, e perciò profetiche e profonde. Una letizia, una gioia, quella cristiana, che derivano dalla certezza che Dio è fedele e non viene meno alle sue promesse. Ascoltiamo questo tempo, noi stessi, il popolo. E’ un tempo di grazia, amato e salvato da Dio.

Il mondo è il chiodo fisso di Dio! Anche per noi il mondo deve diventare la passione dominante. Il mondo è l’umanità che ci vive accanto, è il nostro tempo, mondo dei vicini e dei lontani. Il mondo della Chiesa stessa; il mondo del peccato; il mondo del volto sofferente di Cristo. La simpatia verso il mondo deve diventare missione.

Non una Chiesa avviluppata dentro di sé, ma una Chiesa che si allarga. Non una Chiesa che si protegge, che si difende, che mostra i muscoli, ma una Chiesa che sa di essere sale, di dover entrare e lasciarsi assorbire, per dare sapore alla storia del mondo.

La comunità dei credenti non può stare che sotto il segno di Maria: umiltà, modestia, semplicità, atteggiamento di servizio, capacità di scomparire per diventare trasparenza di Qualcuno, il Cristo Gesù. Ovvero l’eroismo difficile di fare il bene senza teatralità (Mazzolari).

La storia del Vescovo: il Vescovo buon pastore
L’azione pastorale è stata ritenuta dai Padri la più alta tra le “arti”. La teologia è “parlare” del pane, mentre la pastorale è “spezzare” il pane. Non è affatto semplice esser pastori. Anzi è un’arte particolarmente difficile.

La responsabilità che ricade sulle spalle del pastore è così grande da fargli desiderare la fuga. (Orazione seconda di San Gregorio nella quale spiegò il perché del suo rifiuto al ministero). Solo l’obbedienza al Signore infatti vinse la paura.

Certo sappiamo bene che il sacramento dell’Ordine è un dono del Signore; ma la responsabilità pastorale che il Vescovo è chiamato ad esercitare è il frutto di una sapienza che va acquisita, provata, esercitata giorno dopo giorno. Non si può essere pastori se non si è prima discepoli, non si può essere padri se non si è prima figli.

“Prima purificarsi e poi purificare, prima lasciarsi istruire dalla sapienza e poi istruire, prima diventare luce e poi illuminare, prima avvicinarsi a Dio e poi condurvi gli altri, prima essere santi e poi santificare” (Gregorio di Nazianzo, Orazione seconda, 18)

E se la nostra debolezza dovesse portarci piuttosto a fuggire, l’amore che Dio effonde nei nostri cuori ci spinge a confidare nell’aiuto della sua grazia per esercitare responsabilmente il ministero pastorale. Parafrasando il Vangelo di questa domenica mi viene da suggerire che ognuno di noi possiede veramente quello che dona agli altri, tutti abbiamo bisogno di scoprire quotidianamente il motivo per cui vale veramente la pena di vivere.

“Che avverrebbe di me se vedessi me viva e morto il tuo popolo? Che avverrebbe se, per i miei peccati e quelli delle altre creature, dovessi vedere nelle tenebre la Chiesa, tua sposa, che è nata per essere luce?” (S. Caterina da Siena)

C’è sempre aria di mistero e si respira una fede alta nel vedere un uomo che consegna la guida della sua famiglia – cui ha dato il meglio di sé – ad un estraneo, anche se inviato; e un altro uomo – che lascia dietro di sé la sua terra, la sua storia personale e pubblica – e viene affidato ad un popolo che comincia a conoscerlo e ad ascoltarlo!

Un pensiero riconoscente al personale della nostra curia, con i suoi servizi alle parrocchie, sia nel vasto ambito pastorale sia nella gestione giuridico amministrativa, sia nelle comunicazioni sociali e nella delicata tutela e valorizzazione di tutti i beni culturali.

Per noi che abbiamo vissuto la quotidianità in questi 16 anni, le parole non riescono a comunicare tutti i sentimenti. Sono grato e orgoglioso del servizio che avete offerto con dedizione ineguagliabile, sacrificio, competenza e tanto altro. Senza di voi non sarebbe stato possibile dare accompagnamento e dignità a tutta la Diocesi. “Per fare del bene, bisogna stare bene”. L’aiuto ai preti e alle parrocchie incoraggia gli stessi a fare del bene.

Come non ringraziare e incoraggiare l’associazionismo in tutte le sue varie forme e aggregazioni (Casa giovani, Azione cattolica, Scout, gruppi giovanili, oratori. ecc..)? Il futuro dipende molto anche da voi tutti.

Sono stato un “pastore buono” secondo il cuore di Dio? E’ la domanda che rivolgo a me stesso al momento della mia partenza. Sono stato degno del vostro affetto e della vostra fiducia?!

Un augurio e una preghiera per me stesso e per voi tutti: Niente ti turbi, niente ti spaventi, tutto passa. Dio solo resta. La pazienza ottiene tutto, a chi ha Dio niente manca. Dio solo basta. (Santa Teresa di Gesù).

Concludo, facendo mie – come mi raccomandò il 21 ottobre 2007 giorno del mio ingresso in questa Cattedrale il Vescovo Vittorio – le parole tratte dal salmo 15: “Le sorti sono cadute per me su luoghi deliziosi: stupenda è la mia eredità”.

Grazie!

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